GENTE DI BELFAST / CATTOLICI, PROTESTANTI, TERRORISTI, VITTIME
Bernadette, Bert e gli altri: piccole storie intrecciate al grande dramma
Corriere della Sera, 12 aprile 1998
BELFAST - La Storia di questi ultimi trent'anni di tensione in Ulster è fatta di tante storie personali. Cattolici e protestanti, impegnati in politica e non, pacifisti convinti e terroristi: ora la gente di Belfast affronta, per la prima volta, la prospettiva della pace. Ecco cinque delle loro storie.
GINA, PROTESTANTE Finora Gina Murray non aveva mai avuto voglia di perdonare. Quanto a dimenticare, ci aveva provato, ma non c'era mai riuscita. Perché le torna sempre in me nte un sabato pomeriggio di cinque anni fa, quando la sua piccola storia di donna qualsiasi di East Belfast - la roccaforte protestante - ha fatto corto circuito con la Storia, quella che da sempre insanguina l'Irlanda. «A volte mi sembra che sia acc aduto ieri. Vedo ancora Leanne, la mia bambina, che come ogni sabato pomeriggio viene con me a fare la spesa a Shankill Road. E poi l'esplosione. Io che corro fuori, cerco la mia bambina. Aveva 13 anni, Leanne, ma per me era ancora una bambina. Corro , ma non c'è nulla da fare. Mi sono venuti a chiamare a casa la sera, per portarmi a riconoscere dei brandelli di carne che dicono appartenevano a lei». Altre nove persone erano morte in quella pescheria di periferia. Gerry Adams aveva trasportato la bara del bombarolo-kamikaze perché così volevano la legge dell'odio e il gioco della politica. Il kamikaze si chiamava Thomas Begley, soldato dell'Ira. «Quando ho visto che iniziava il negoziato di pace, ho dovuto fare forza su me stessa per non u rlare di rabbia. Quell'uomo con la barba, quell'Adams, era lo stesso che aveva reso gli onori all'assassino di mia figlia». Oggi Gina Murray, 56 anni, è nonna. Il primo nipote, Brandon, nato proprio mentre a Stormont Castle si firmava la pace. Gina sta cercando di perdonare. «Se davvero finirà la guerra, allora forse, forse, potrei perdonare. Se nell'accordo entrambe le parti fanno delle concessioni, vale la pena provarci».
BERNADETTE, CATTOLICA «Questo è un disastro, che mio fratello, Bobby Sands, non avrebbe mai accettato. Per cosa si è lasciato morire, nella prigione di Long Kesh, eletto deputato ma incarcerato dagli inglesi solo perché voleva essere un uomo libero in una nazione libera, se ora il Sinn Fein va a sedersi nel nuovo Par lamento dell'Irlanda del Nord? Così facendo il Sinn Fein accetta la spartizione dell'isola in due, sei contee da una parte e 26 dall'altra. Firmare quel pezzo di carta significa arrendersi all'occupazione britannica sul Nord». Bernadette è una dell e sorelle di Bobby Sands, il Che Guevara cattolico dipinto nei murales di Falls Road e scolpito per sempre nel ricordo di chi, in Ulster, si considera irlandese e non britannico. Bernadette Sands oggi vive una vita molto riservata, se non semiclandes tina, nella Repubblica d'Irlanda. Sei mesi fa ha criticato il vertice del Sinn Fein e annunciato la nascita di un gruppo dissidente, il Comitato per la sovranità delle 32 contee. La polizia sostiene che dietro questo comitato c'è la Continuity Ira, g li irriducibili. Da 16 anni Bobby Sands è sepolto nel cimitero cattolico di Belfast, tra le tombe dei martiri nazionalisti. E la ballata del ragazzo che morì facendo lo sciopero della fame non è ancora finita. La famiglia Sands continua a far polit ica e anche Bernadette, fedele alla tradizione che vuole le donne cattoliche in prima linea con gli uomini, è sempre stata una repubblicana convinta. Ma ora ripete: «La gente non vuole una pace a qualsiasi costo». Bernadette Sands nega il legame tra il suo comitato e Continuity Ira. La campagna elettorale si infuocherà quando la Sands terrà dei comizi a West Belfast, roccaforte di Gerry Adams. «Bobby ha tenuto duro 65 giorni senza cibo pur di umiliare gli inglesi. Il nostro popolo tiene duro da decenni pur di tornare un giorno unito. Anche il Sinn Fein doveva tener duro».
BERT, PROTESTANTE «Io sono nato e cresciuto qui, nella Shankill Road orangista, unionista, protestante e lealista. Ma c'è un episodio della mia vita che mi ha fatto cambiare idea». Bert ha 74 anni e dice di essere troppo vecchio per vergognarsi di certe idee. Quando lavorava per l'ufficio del personale della British Airways, a Belfast, era un impiegato perfetto. E, quando c'era da fare un'assunzione, «ovviamente, tra due candidati a pari merito, ho sempre preferito un ragazzo protestante». L'episodio grazie al quale il 22 maggio voterà sì alla pace è un matrimonio: quello di sua figlia Diane. «Il fidanzato era cattolico. E i miei parenti e i soci della loggia orangista mi hanno detto: "Se Diane non si sposa nella chiesa presbiteriana, non veniamo al matrimonio". Ma i genitori di questo ragazzo hanno fatto il sacrificio, gli hanno dato il permesso di celebrare il matrimonio con il rito protestante. E io i n quel momento ho capito che certi pregiudizi avevano fatto il loro tempo».
LORRAINE, CATTOLICA Lorraine Lidester è una ragazza normale, in una strada normale a quindici chilometri dal castello di Stormont. Ma Belfast non è una città normale. E Lorraine, 19 anni, vive all'ombra di quello che i politici nordirlandesi chiamano eufemisticamente il «muro della pace». Il muro che divide un quartiere cattolico da quello protestante con il pretesto di garantire sicurezza a entrambi. «Io me ne vogli o andare. Non vedo l'ora di scappare di qui e ho sempre avuto il progetto di farlo subito dopo aver preso il mio titolo di studio». Lorraine frequenta un corso parauniversitario di economia. Dice che molti suoi compagni di studio la pensano nello ste sso modo. «Londra, New York, Dublino, ma anche da voi in Europa: qualunque posto va bene». La sua amica annuisce e aggiunge: «A me questa guerra non interessa. Io ho amici protestanti, vado a ballare il sabato sera con loro, per me non è un problema mischiarmi con altri. Non voglio restare prigioniera di Belfast». Ma ora la pace, e forse anche il rilancio economico, potrebbero far cadere il muro. E forse trattenere a Belfast Lorraine e la sua amica. «Vediamo come va a finire. Ma se la smettono d avvero, allora forse ci ripenso e resto qui. In fondo, anche se hanno fatto sentire noi cattolici degli ospiti indesiderati, questa è casa mia».
BILLY, PROTESTANTE Billy McQuiston ha trascorso 12 dei suoi 40 anni in prigione per rapina a mano armata e possesso di armi. Combatteva nella prima divisione della Ulster Defence Association (Uda), la più antica delle milizie protestanti. Il suo curriculum è quello di un professionista della lotta armata. «L'Ira ha cercato di uccidermi cinque volte e ha ucciso decine di amici o parenti. Sono uscito di galera sei mesi fa, ma non indosso più il passamontagna». Nel quartiere protestante di Billy McQuiston l'ottanta per cento delle famiglie ha parenti nel Maze, la prigione di massima sicurezza per terroristi. Cinque anni fa, Billy non avrebbe mai creduto possibile un compromesso con i cattolici. «Ma ora è diverso. Abbiamo combattuto per 25 anni. Viviamo in case con porte blindate, finestre blindate, telecamere accese e questa vita deve finire. Non mi pento di nulla: ho difeso la mia gente. Ma il popolo protestante ha deciso di firmare la pace. Io sono stato al suo servizio in guerra e lo sarò anche in pace».