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Riccardo Orizio

Cipro, ecco le banche dei boss che sfruttano i clandestini
La mafia turca controlla 36 istituti: cosi vengono riciclati i guadagni del traffico di profughi.

Corriere della Sera, 12 gennaio 1998

Non ci sono profughi curdi e navi-carretta, nei vicoli scalcinati di Lefkose. Ma è in questo brutto paesotto militarizzato, dall'aspetto a metà tra la caserma e il bordello di periferia, che la tratta dei clandestini ha il suo vero approdo. Ed è qui, nella fantomatica capitale dell'autoproclamata Repubblica Turca di Cipro Settentrionale, a un'ora e mezzo di volo da Istanbul, che transitano i mille e uno misteri dell'increccio affaristico-mafioso-politico legato al commercio di profughi. Lefkose è la Berlino del Mediterraneo. Dal 20 luglio 1974, data dell'intervento dell'esercito turco, esiste un muro che la divide in due: da una parte Nicosia e la Cipro greca, che è una nazione indipendentee sovrana con buone possibilità di entrare un giorno nell'Unione Europea; dall'altra la Cipro turca, riconosciuta solo dal governo di Ankara e - di fatto - una sua colonia, con soli 170 mila abitanti molti dei quali coloni turchi inviati qui per sostituire chi ha preferito andarsene. Come nella Berlino della guerra fredda, camminando lungo il muro di Cipro si rischia di venir presi di mira dai cecchini. Chilometri di bidoni riempiti con la calce e messi uno sopra l'altro corrono lungo a zona di divisione, guardata a vista dai caschi blu dell'Onu.
A pochi metri da questa tragedia, c'è la più improbabile City del mondo: 36 banche off shore e le filiali di 29 banche «normali», quasi tutte nate negli ultimi tre anni, barricate dentro uffici dalle vistose insegne color oro zecchino e dove c'è solo una segretaria. Ogni mille «cittadini» della Repubblica, c'è uno sportello bancario. Una situazione che, sei mesi fa, ha provocato la condanna della Fatf, la task force Ocse sul riciclaggio.

Via Serif Arzik Sokek è la Wall Street della Cipro occupata. Lì le banche hanno sede in villette a schiera che sembrano sempre deserte. In una casa c'è la Optima Bank Off Shore Ltd insieme alla Oki Bank, entrambe fondate nel 1993. Nel bunker a fianco ecco la First Merchant Bank Ltd, la Unibank e la Alliance Investment. Cinque metri in là la European Business Bank e la gemella European Commerce Bank, fondate entrambe lo stesso giorno del '92. L'elenco prosegue con nomi come Cleveland Off Shore bank, Cyprus Islamic Bank, Sovereign Gold Deposit Bank Off Shore...

Attraverso queste sigle viene messo al sicuro il denaro che la mafia turca guadagna con il trasporto in Italia dei clandestini curdi, la droga e il contrabbando. Al giornalista che finge di dover trasferire fondi sporchi, la segretaria della Euro Textile Bank conferma: «Possiamo muovere qualsiasi somma tra Londra, Francoforte e naturalmente Istanbul. Di quanto si tratta?». La cosiddetta banca centrale della Repubblica turca di Cipro - guidata da un uomo inviato da Ankara - chiede agli azionisti solo un deposito di mezzo milione di dollari: poi, ogni transazione è possibile. «Questo è il principale centro di riciclaggio di denaro. La legge non prevede controlli sull'origine dei fondi trasferiti qui. Ma non abbiamo solo le banche. Nell'ultimo anno e mezzo sono stati costruiti ben 18 casinò. E sta per partire anche una Borsa. Un'idea degli istituti di credito off shore - racconta Osker Ozgur, politico dell'opposizione - Come se non bastasse, siamo invasi dalle prostitute ucraine e romene. I boss della mafia turca e cecena passano qui il weekend. Depositano denaro, giocano alla roulette e vanno a donne».

Ozgur è anche deputato. Ma l'architettura, a Lefkose, parla più della politica: il Parlamento della Repubblica turco-cipriota è un modesto prefabbricato bianco di un piano. Di fronte c'è l'«ambasciata» della Turchia, formalmente uno Stato straniero: un gigantesco edificio con satelliti e antenne, sorvegliato da parà turchi che - per confondere le idee - in dossano caschi blu. La Cipro turca è un'incontrollabile «terra di nessuno isolata dalla comunità internazionale», come la definisce il giornalista Adnan Aksirit autore del libro intitolato Tansu Ciller è cittadina degli Stati Uniti. Forse non è un titolo fantasioso, ma il contenuto, se dimostrato, sarebbe esplosivo: secondo i documenti pubblicati da Aksirit, l'ex primo ministro e ministro degli Esteri Tansu Ciller sarebbe sin da ragazza un'agente della Cia, con passaporto americano, avrebbe accumulato in tempo record un'enorme fortuna immobiliare negli Usa e, insieme al marito, avrebbe «inventato» e gestito le banche off shore di Cipro.
L'apparato mafioso-affaristico che domina la politica turca è più forte che mai. Lo conferma anche un trafficante di clandestini, che accetta di fare i conti del traffico: «Nell'ultimo mese abbiamo fatturato 7,5 milioni di dollari solo con le navi dei curdi - dice - Ogni nave ci costa non più di 80-100 mila dollari. Le compriamo in Russia, nel Mar Nero. I conti sono semplici. Abbiamo pagato mazzette alla polizia e ai politici per 2,5 milioni di dollari. Altrimenti, come possiamo far partire le navi dai porti turchi? Alla fine ci è restato un utile netto di quasi 5 milioni di dollari, subito depositato nella Cipro turca».

Questo il bilancio di un solo mese. Negli ultimi anni il trasporto di emigranti curdi ha fruttato decine di milioni di dollari, ai quali si aggiungono i proventi del traffico di droga. Il 90% dell'eroina venduta in Italia e in Gran Bretagna, per esempio, arriva dalla Turchia. Anzi, proprio dal Curdistan iracheno e turco, che è la rotta preferita dai trafficanti. Tutto avverrebbe con la complicità dei vertici dello Stato. Così, almeno, dice la Mani Pulite turca, un un insieme di indagini della commissione parlamentare antimafia.

Uno dei dossier più clamorosi è quello della Turban, la principale agenzia turistica del Paese. E' di proprietà dello Stato, ma di fatto è stata a lungo uno strumento personale di Tansu Ciller e del suo temutissimo marito, Oser Utsuran, di professione disoccupato. Il direttore generale, Omer Bilgin, uomo vicinissimo ai Ciller e al presidente della Repubblica Suleiman Demirel, verrà tra poco processato per un'impressionante serie di reati, nonostante sia stato eletto deputato. La Turban, infatti, oltre a portare in Turchia turisti italiani, avrebbe portato in Italia e nel resto d'Europa carichi illeciti. E i suoi bilanci sarebbero stati usati per finanziare gli squadroni della morte che devastano i villaggi curdi, provocando la fuga degli esuli che vediamo arrivare in Italia. Guerra e denaro sono strettamente legati: un noto criminale, Alaattin Cakici, ha appena confessato in televisione di aver ricevuto dai Ciller il permesso di aprire una banca a Cipro in cambio di finanziamenti ad alcuni gruppi estremisti anti-curdi.
Anche il nome di Demirel ricorre in molte di queste indagini. Il fratello del presidente, Alì, e il nipote Yahya sono uomini d'affari che sui terminali della banche-fantasma di Cipro hanno fatto girare molto denaro. Il giovane Demirel era fino a poco fa anche il proprietario di un istituto di credito di Lekose, il Kipris Yatirim Bank. Ma è il caso della First Merchant Bank che è più sintomatico. Uno dei suoi fondatori, Omer Lufti Topal, era il re dei casinò turchi e socio d'affari di Asil Nadir, uomo d'affari ricercato da Scotland Yard. Topal è stato ammazzato l'anno scorso a Istanbul. Ora la First Merchant è passata a un pool di «investitori» turchi, israeliani e russi. «La mafia cecena usa le banche di Lefkose come lavanderia», dice l'opposizione.

Intanto, in Italia prosegue l'arrivo dei curdi. Un dossier segreto che circola a Istanbul elenca 116 mediatori, quasi tutti curdi iracheni. In Italia ci sarebbero un certo «dottor Para» e un pachistano, proprietario di un bar di Roma, soprannominato «Nana». I miliardi che finiscono a Cipro sono anche loro.

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