Corriere della Sera Accusati di essere cannibali, spietati, sanguinari, perversi, immorali. Che cosa passa nella mente di Idi Amin Dada, Jean-Bédel Bokassa, Jean-Claude «Baby Doc» Duvalier, Slobodan e Mira Milosevic? Che cosa si raccontano ora che hanno perduto tutto? Che cosa raccontano ai figli o ai nipoti? Le loro parole raccolte da Riccardo Orizio nelle prigioni di Tirana, negli esili in Arabia Saudita o a Parigi, tra i palazzi di Belgrado cercano prima di tutto giustificazioni. Non difese che in qualche modo riconoscano il male compiuto, ma addebiti ad altri imputati, difficili da incastrare, impossibili da condannare: la catena degli eventi, le pressioni internazionali, il destino. Molti dei tiranni ritratti in questo libro almeno non hanno il conforto del denaro o dell'immunità. Sono caduti in disgrazia, ma neppure la malasorte aiuta gli esami di coscienza. Non si sentono sconfitti, non sono loro i vinti, ogni giorno si preparano a tornare. Come dice per tutti l'ex generale, dalla prigione dov'è finito dopo esser stato il padrone di Panama: «Dio, il grande creatore dell'universo, che scrive dritto anche se a volte per farlo usa righe storte, non ha ancora finito l'ultimo capitolo su Manuel A. Noriega. |